23 agosto 2012

RABITTI DURO SUL POLO CHIMICO DI MANTOVA


L’AFFONDO DI RABITTI

«Ritardo incredibile Ora intervenga la magistratura»

«A che campagna siamo, la numero undici? È assolutamente incredibile che in tutti questi anni non si sia ancora trovato il responsabile dell’inquinamento». Ingegnere sanguigno, già consulente di molte procure in delicati casi d’inquinamento ambientale, Paolo Rabitti non le manda a dire 
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      «A che campagna siamo, la numero undici? È assolutamente incredibile che in tutti questi anni non si sia ancora trovato il responsabile dell’inquinamento». Ingegnere sanguigno, già consulente di molte procure in delicati casi d’inquinamento ambientale, Paolo Rabitti non le manda a dire: «È logico che sotto una raffineria ci siano idrocarburi e derivati del petrolio. Oppure pensano che il benzene sia nella pipì degli abitanti di Lunetta?». Per Rabitti è come la favola di Fedro, quella del lupo che accusava l’agnello di sporcare l’acqua del torrente dal quale bevevano entrambi, peccato che lui stesse più in alto.Superior stabat lupus. «Mi risulta che l’andamento delle falde sia dalla Ies verso la Belleli». A complicare le cose è la storia del polo chimico di Mantova, sedimentata in cinquant’anni di gestioni e proprietà sovrapposte. Un pasticcio che, però, non può tradursi in alibi. «L’inquinamento della falda è reato - continua Rabitti – ed essendo noto ormai da un decennio, sarebbe anche ora che la procura di Mantova nominasse qualcuno per capire chi è il responsabile e se il reato è ancora in corso. Se il problema è economico, mi offro io. Gratis». La questione è sfaccettata, ma da qualsiasi prospettiva la si guardi, ambientale o economica, il precipizio è dietro l’angolo, avverte Rabitti. «Domani (oggi per chi legge, ndr) vado in Sardegna a presentare il mio libro “Diossina, la verità nascosta”. Ecco, proprio a Porto Torres è in corso un’inchiesta perché nelle acque della darsena, di fronte al petrolchimico, è andato a finire talmente tanto benzene proveniente dal sottosuolo che il sindaco ha dovuto vietare l’attività agli operai. Per proteggerli dalle esalazioni». Corriamo forse lo stesso rischio? «Sì. Uno può anche fregarsene degli effetti ambientali, che sarebbero comunque devastanti, ma se il surnatante finisse nel Mincio la cosa avrebbe conseguenze economiche pesantissime». L’ingegner Rabitti ne ha anche per l’onorevole leghista Gianni Fava, che tuona contro il razzismo del governo Monti. Della serie, i soldi li trovate soltanto quando servono per il sud (vedi i 346 milioni di euro per l’Ilva di Taranto). «Troppo comodo». Racconta Rabitti del petrolchimico di Pieve Vergonite, sul Lago Maggiore, già di proprietà Sydnial-Enichem oggi Tessenderlo, dove fino al 1986 si è prodotto il famigerato insetticida Ddt, tossico e cancerogeno. Nel 1982 gli svizzeri si accorsero che i pesci del Lago erano contaminati dall’insetticida, partì così una verifica sulle cause che portò dritto alla Syndial. Il processo penale finì con un patteggiamento, la causa civile si trascinò fino al 2008, quando la Syndial venne condannata al pagamento di un miliardo e seicentottanta milioni di euro per danno ambientale a favore del ministero dell’Ambiente. Morale, «la Syndial ricorse in appello e il governo Berlusconi-Bossi fece la sua parte e cambiò a partita in corso la legge sul danno ambientale, specificando che si applicava ai procedimenti non ancora conclusi. Da leggi ad personam a leggi ad aziendam». E così quasi due milardi di euro per il risanamento ambientale sono andati in fumo. (ig.cip)

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